
Difesa e NATO: cosa c’è di vero sul 2% del PIL italiano?
Difesa e NATO: cosa c’è di vero sul 2% del PIL promesso dall’Italia?
Al vertice NATO del 25 e 26 giugno 2025, l’Italia si presenterà con un impegno formale: raggiungere l’obiettivo di una spesa militare pari al 2% del Prodotto Interno Lordo, come richiesto da anni dall’Alleanza Atlantica. Una svolta significativa che implica risorse aggiuntive per circa 33 miliardi di euro l’anno, rispetto agli attuali livelli di spesa.
Obiettivo NATO: l’Italia punta al 2% del PIL
Secondo un’analisi de La Stampa, oggi l’Italia spende circa 33,5 miliardi l’anno in armamenti, pari all’1,5% del PIL. In linea con questo obiettivo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato che l’Italia raggiungerà il 2% del PIL nel corso del 2025, sottolineando come sia fondamentale rafforzare le capacità difensive del Paese per garantire autonomia strategica e sicurezza nazionale (finanza.lastampa.it). L’adeguamento al 2% porterebbe la spesa complessiva a circa 44 miliardi, mentre un futuro target del 3% – come ipotizzato da alcuni partner NATO – significherebbe raddoppiare la spesa fino a 66 miliardi.
Richieste di flessibilità e criteri di calcolo contestati
Il tema è stato centrale anche durante l’Ecofin informale di aprile, dove il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha confermato l’intenzione dell’Italia di rispettare il target, ma ha chiesto alla Commissione UE una certa flessibilità nelle regole di bilancio, ricordando che “a giugno c’è un vertice NATO in cui si definiranno gli impegni”, come riportato dal Corriere della Sera.
Nel frattempo, il governo ha dichiarato pubblicamente di aver già raggiunto il 2%, come confermato dal ministro degli Esteri Antonio Tajani in un incontro ad Antalya, presentando un documento ufficiale alla NATO. Tuttavia, come evidenziato da Il Fatto Quotidiano, il traguardo sarebbe stato raggiunto anche includendo nel calcolo nuove voci di spesa prima escluse, come pensioni militari e spese della Guardia di Finanza.
Secondo l’Osservatorio Mil€x, però, la spesa effettiva realmente destinata alla Difesa e conforme ai criteri NATO si attesterebbe attorno ai 35 miliardi di euro, ben al di sotto della soglia necessaria per un reale 2%. Il risultato comunicato dal governo deriverebbe infatti da un ampliamento delle voci considerate, incluse spese che secondo gli analisti non dovrebbero rientrare nei calcoli standard dell’Alleanza. Si tratterebbe quindi di una soglia dichiarata, ma non del tutto sostanziale, raggiunta con una metodologia contestata.
Meloni e Crosetto: il 2% è solo l’inizio
Una posizione confermata anche dalla premier Giorgia Meloni e dal ministro della Difesa Guido Crosetto. Quest’ultimo ha però sottolineato che il 2% non è un traguardo, ma solo un punto di partenza: “Non siamo affatto a posto così, dovremo recuperare gli anni di sotto investimenti” (la Repubblica).
Come evidenziato da un altro approfondimento de La Stampa, per centrare l’obiettivo sono state ricalibrate alcune voci di spesa e si è fatto largo uso della leva contabile. Ma il nodo rimane: senza risorse europee dedicate, all’Italia mancherebbero almeno 30 miliardi nei prossimi anni per sostenere una difesa a livelli NATO.
Attesa per il vertice NATO di giugno
La discussione sulla spesa per la Difesa è destinata a proseguire nei giorni che precedono il vertice NATO di giugno, momento in cui sarà più chiaro se i partner dell’Alleanza valuteranno soglie superiori, come il 3% o il 5% del PIL.
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