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rinnovi contrattuali Forze Armate 2025-2030: aumenti minimi, medi, massimi e inflazione cumulata

Rinnovi contrattuali Forze Armate 2025-2030: aumenti record, inflazione, riarmo UE e soglia NATO 3-5%

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Uno sguardo comparativo a vent’anni di rinnovi contrattuali, inflazione e stanziamenti: numeri, tendenze, criticità e opportunità per il futuro del personale militare e delle forze di polizia italiane in servizio.

Rinnovi contrattuali Forze Armate 2025-2030: dati, inflazione e prospettive

Negli ultimi tempi il rinnovo contrattuale del personale delle Forze armate e di polizia è tornato al centro dell’attenzione. Dopo la stagione di austerità seguita alla crisi del 2008 – culminata con il blocco stipendiale dal 2010 al 2016 – il comparto ha finalmente visto una svolta: il contratto 2022‑2024, firmato il 18 dicembre 2024, ha assicurato incrementi medi mai raggiunti in precedenza (oltre 175 € lordi mensili per i gradi intermedi), grazie a uno stanziamento complessivo superiore a qualsiasi ciclo contrattuale degli ultimi vent’anni. A questa novità economica si è aggiunta una svolta istituzionale: per la prima volta le Associazioni professionali a carattere sindacale tra militari (APCSM) hanno partecipato alle trattative, sostituendo i Cocer e affiancando i sindacati delle Forze di polizia a ordinamento civile. Il nuovo assetto negoziale ha reso il confronto con l’amministrazione più strutturato, aprendo la strada a un progressivo avvicinamento fra retribuzioni, costo della vita e interessi del personale.

Una pausa lunga dieci anni

Come dettagliato nel post “Contratto: ci sono 10 anni di mancati rinnovi e l’inflazione da recuperare”, il comparto ha attraversato un prolungato periodo di stallo: dal 2010 al 2016 gli stipendi sono rimasti congelati. L’ultimo contratto prima del blocco è quello 2008/2009 (DPR 185/2010), il primo dopo la sospensione è il 2016/2018 (DPR 40/2018). In quegli anni l’inflazione è cresciuta di oltre il 10 %, riducendo ulteriormente il potere d’acquisto del personale dei comparti difesa e sicurezza. Gli aumenti introdotti dagli ultimi rinnovi costituiscono un passo avanti, ma non bastano ancora a colmare il deficit cumulato maturato in oltre un decennio.

Evoluzione dei contratti dal 2006 al 2024

L’infografica, che segue, mostra una prospettiva degli ultimi aumenti stipendiali derivati dai rinnovi contrattuali del periodo 2006-2024. Gli incrementi sono relativi alle principali voci presenti in busta paga e riferite alle voci fisse e continuative. Il recente rinnovo 2022-2024 rappresenta il più alto degli ultimi vent’anni.

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Stanziamenti in crescita, ma recupero parziale

Il quadro finanziario dei prossimi anni può essere riassunto nelle due tabelle seguenti, che evidenziano sia la ripartizione annuale delle risorse sia il raffronto tra tornate contrattuali:

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Le risorse destinate ai rinnovi contrattuali sono cresciute in modo costante, come illustrato nel post sui fondi per i rinnovi contrattuali Forze Armate e Polizia. In particolare, l’ultima legge di bilancio ha già stanziato:

AnnoSettori statali* (€ mln)Settori non statali (€ mln)Totale (€ mln)Incremento %
20251.7751.4503.225+1,8 %
20263.5502.9046.454+3,6 %
20275.5504.4189.968+5,4 %
20281.9541.5233.477+1,9 %
20294.0273.1417.168+3,8 %
20306.1124.90811.020+6,0 %

Nota: *le cifre comprendono anche il personale contrattualizzato e non (Forze armate e corpi di polizia) come indicato dal rapporto ARAN. 

La tabella seguente riassume i fondi accorpati per ciascuna tornata contrattuale, evidenziando la crescita complessiva delle risorse a disposizione.

TornataTotale risorse per contrattazione (€ mln)Crescita a regime %Inflazione %
2019–20217.427+4,49 %+2,7 %
2022–202410.309+6,00 %+14,1 %
2025–20279.968+5,4 %+5,5 % (stima)
2028–203011.020+6,0 %+6,0 % (stima)

Oltre a ciò, secondo il Rapporto semestrale ARAN 1/2024, la dotazione economica del triennio 2022–2024 garantisce a regime una crescita pari al 5,4 % del monte salari, valore quasi allineato al deflatore dei consumi privati programmato per lo stesso periodo (5,5 %). Tradotto in busta paga, il contratto in vigore riconosce un aumento medio di 176,54 € lordi mensiliil più alto degli ultimi vent’anni – con punte che superano i 200 € lordi per i gradi apicali del personale contrattualizzato.

Pur senza colmare del tutto lo scarto inflattivo, l’intesa segna comunque un progresso significativo rispetto ai cicli precedenti: +74 € medi rispetto al contratto 2019–2021 (101 € medi) e +76 € medi sul 2016–2018 (100 € medi), come raffronto dall’infografica. Le APCSM – firmatarie e non – in sede di contrattazione avevano avanzato richieste più elevate, ma l’assenza di risorse ulteriori ha portato a un compromesso che, in ogni caso, assicura gli incrementi più consistenti dell’ultimo ventennio. La vera sfida è conciliare la tutela del potere d’acquisto con i vincoli di finanza pubblica.

Recupero dell’inflazione ancora lontano

Questi aumenti, pur rilevanti in valore nominale, non compensano ancora la perdita di potere d’acquisto: sommando il decennio di blocco e l’inflazione degli anni 2022‑2023, il divario supera ormai il 20 % cumulato. Senza nuovi fondi o soluzioni alternative, la vera sfida è trasformare i rinnovi già finanziati (2025‑2027 e 2028‑2030) in occasioni concrete verso il pieno allineamento con il costo della vita.

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Invero, durante la trattativa per il rinnovo del contratto 2022‑2024 non sono state stanziate risorse aggiuntive o significative rispetto a quelle già previste in legge di bilancio. Di conseguenza l’accordo si è fermato con la distribuzione di circa il 90 % del budget confluito negli elementi fissi e continuativi della retribuzione, mentre la quota residua – attorno al 10 % – ha finanziato le voci per le indennità accessorie.

Si aggiunge, inoltre, che il rapporto pubblicato dall’ARAN distribuisce il recupero dell’inflazione registrata tra gli anni 2022‑2023 su tre tornate (2022‑2024, 2025‑2027 e 2028‑2030), già finanziate in previsione di chiudere il divario inflazionistico con il costo della vita entro il 2030.

Prospettive di aumenti interessanti solo se confermati con i prossimi rinnovi

Quindi, in considerazione dei numeri espressi nelle tabelle e se la distribuzione delle risorse resterà simile a quella del contratto 2022‑2024 (circa 90 % su voci fisse e 10 % su accessorie), gli aumenti lordi attesi potrebbero collocarsi in una forbice di 90‑190 € lordi mensili per la tornata 2025‑2027 e di 100‑200 € lordi mensili per la tornata 2028‑2030, in linea con le proiezioni ARAN.

Oltretutto, all’inizio del 2025 è entrata in vigore la nuova tranche di Indennità di vacanza contrattuale (IVC). Con un’inflazione stimata dall’ISTAT al 2% nel breve periodo, i tabellari stipendiali saranno adeguati dello 0,6 % da aprile e dell’1 % da luglio, per un effetto medio annuo di circa 0,5 % sulla retribuzione complessiva. Per un dipendente Pubblico, compreso il personale in regime di diritto pubblico, Forze Armate e di Polizia, l’IVC vale in media 20 € lordi al mese, circa il doppio della precedente. Gli stanziamenti 2025, già pari a un incremento dell’1,8 %, garantiscono quindi una tranche iniziale di anticipo contrattuale più ampia del solo anticipo della IVC.

Al momento dell’apertura dei prossimi tavoli di rinnovo, Sindacati di Polizia e le APCSM dovranno confrontarsi con posizioni probabilmente eterogenee: alcune sigle potrebbero puntare su rivendicazioni più incisive, altre privilegiare un dialogo pragmatico, alla luce dei vincoli di bilancio. Un eventuale margine aggiuntivo potrebbe derivare dal riarmo europeo e dall’aumento della spesa per la difesa – con la soglia NATO già al 2 % del PIL e l’ipotesi di un target tra il 3 % e il 5 % – qualora una parte di tali risorse fosse destinata anche al personale, contribuendo così a ridurre il divario retributivo.

Esempio di scenario ipotetico (a puro titolo illustrativo): se la spesa per la difesa italiana salisse dal 2 % al 3 % del PIL (circa 22 miliardi di euro aggiuntivi, ipotizzando un PIL pari a 2,2 bilioni di euro), e se soltanto il 10 % di queste risorse extra fosse destinato al personale, si creerebbe un margine di circa 2,2 miliardi. Ripartiti su 270 000 dipendenti tra Forze armate e Forze di polizia, significherebbe oltre 7 400 € lordi annui pro capite (circa 570 € lordi mensili), un importo che da solo coprirebbe ampia parte del gap ancora aperto. Naturalmente, la destinazione di tali fondi resta incerta e dipenderà dalle scelte politiche e negoziali future.

Fonti esterne principali
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Dati riprodotti da fonti pubbliche – elaborazioni redazionali

Articolo pubblicato su – il Blog – Corriere dei Militari – contenuto di carattere informativo, non costituisce comunicato ufficiale


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