Whistleblower

Whistleblower: la tutela anche per i Militari che segnalano illeciti

Anche al personale delle Forze Armate e di Polizia si applica la tutela prevista dall’articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001.

Cosa succede se un lavoratore, dipendente pubblico, scopre un illecito all’interno della propria organizzazione?

In base alle attuali leggi può denunciare ciò che ha scoperto ed essere sicuro di non subire alcun tipo di persecuzione perché tutelato dalla legge. Questo atto si chiama “Whistlebloweing” e chi lo esercita è chiamato “Whistleblower”. Tutto definito da una legge del 2001.

Che cosa si intende per Whistleblowing?

La figura del whistleblower (“colui che soffia il fischietto”) è stata elaborata negli Stati Uniti d’America per indicare l’individuo che denuncia attività illecite all’interno dell’organizzazione di appartenenza.

Quindi con una significato più ampio, il “whistleblower” è il lavoratore che, durante la propria attività lavorativa “scopra” un illecito, una possibile frode, un pericolo o un altro serio rischio che possa recare concreto pregiudizio a terzi o all’azienda/impresa stessa e decida di denunciarlo, esponendosi così al rischio di vessazioni, ritorsioni, molestie. (fonte)

Le leggi Italiane che hanno introdotto il concetto di Whistleblowing

La tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti è stata disciplinata inizialmente dall’art. 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001. Successivamente dall’art. 1, comma 51, L. 6 novembre 2012, n. 190 e modificato dall’art. 31, comma 1, D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014 n. 114. La legge vigente a poi subito modifiche sostanziali apportate dall’art. 1, comma 1, L. 30 novembre 2017, n. 179.

In particolare, il riferimento alla tutela si ottiene comunque attraverso l’articolo 54-bis del D.L. n. 165 del 2001: “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti“, con una disposizione inserita nelle “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.

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Mentre l’organo governativo predisposto a ricevere le segnalazioni è l’Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC). Lo stesso articolo del DL 165 indica anche che l’identità del segnalante debba restare riservata e sconosciuta, ovvero non può essere rivelata.

Alla luce delle norme vigenti, il pubblico dipendente che, nell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione, segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza ovvero all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), o denuncia all’autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione.

Tali norme sono validi anche per i Militari, quali dipendenti di amministrazioni statali, e che durante il proprio servizio hanno evidenzia di illeciti commessi dai colleghi o superiori, quindi possono segnalare all’ANAC l’accaduto.

Il caso evidenziato dalla Delibera ANAC nr. 311 del 21.06.2022

Una recente decisione dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione riporta infatti come la stessa legge ovvero la tutela prevista dall’articolo 54-bis del DL 165/2001, sia applicabile ed applicata anche ai militari come il caso indicato dalla Delibera ANAC numero 311 del 21 giugno 2022.

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I fatti indicati nella delibera riportano:

In data 27.11.2020, il dipendente militare presentava, mediante posta elettronica certificata, un esposto alla Procura della Corte dei Conti (trasmettendolo, per conoscenza, anche alle seguenti Autorità: MEF, Ministero della Difesa, Ministero dei Trasporti, Presidenza del Consiglio dei Ministri; Presidente della Repubblica) nel quale rappresentava presunte irregolarità relative ai procedimenti di trasferimento del personale militare. In particolare, il dipendente richiedeva all’Autorità contabile di verificare, rispetto a detti trasferimenti, la configurabilità di un danno erariale, derivante, a suo dire, da una sistematica non corretta applicazione delle disposizioni vigenti in materia.

Successivamente, dopo una serie di indagini predisposte dal comando di appartenenza del militare, il comandate (in qualità di autorità sanzionatoria) avuta conferma dell’autore della segnalazione, convocava il militare e formalizzava l’avvio di un procedimento disciplinare per una sanzione di rigore.

Le memorie difensive del militare manifestavano espressamente la propria qualifica di whistleblower e prospettando la violazione dell’art. 54-bis del d.lgs. 165/01, quindi evidenziano che non poteva egli essere sanzionato prima che si fosse espressa la Procura della Corte dei Conti.

Il Comandante di Corpo, sentita la commissione di disciplina, comminava comunque al militare la consegna di rigore. (fonte)

Comandante di Corpo sanzionato per non aver rispettato l’art. 54-bis

In seguito agli eventi indicati in precedenza, l’ANAC avviava un’istruttoria per violazione dell’articolo 54-bis nei confronti del Comandate.

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Durante l’istruttoria il Comandante nelle memorie difensive affermava che nei confronti dei militari non si applicava l’articolo 54-bis del DL 165 in quanto i Militari erano già subordinati ad un ordinamento specifico e quindi egli declinava ogni responsabilità in merito.

L’autorità anti corruzione nell’esposizione delle motivazioni al termine dell’istruttoria precisava che l’art. 3 del d.lgs. 165/2001, comprende espressamente “il personale militare e le forze di polizia”. Per tanto l’articolo 54-bis si applica per la tutela da segnalazioni di illeciti anche ai militari.

Quindi, l’Autorità Nazionale Anti Corruzione ha ritenutodi applicare nei confronti del Comandante del militare, precedentemente punito con consegna di rigore, la sanzione prevista dallo stesso articolo 54-bis in quanto ritenuto colpevole di non aver applicato le tutele previste dal DL 165 nei confronti del militare dipendente che aveva segnalato il dubbio illecito.

Le sanzioni dall’articolo 54-bis, per coloro che non applicano le tutele previste, sono amministrative e variano nelle misure: da 5.000 (cinquemila) euro fino a 50.000 (cinquantamila) euro in dipendenza della tipologia di responsabilità accertata dall’ANAC. Nel caso indicato dalla delibera 311 del 21 giugno 2022 la sanzione ammonta a € 5.000. (fonte)

Fonte: https://www.anticorruzione.it/-/delibera-numero-311-del-21-giugno-2022

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