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salari e riarmo, le posizioni dei sindacati e apcsm per la legge di bilancio salari e riarmo, le posizioni dei sindacati e apcsm per la legge di bilancio

Salari e riarmo: CGIL e APCSM, cosa chiedono

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Riarmo, salari e personale della Difesa

Verso la Legge di Bilancio 2026, tra riarmo e richieste di aumento dei salari si accende il dibattito sugli investimenti per la difesa.

Investire sul personale, non solo sulle armi

Il confronto su riarmo e salari torna centrale nel dibattito pubblico. Da un lato, le iniziative della CGIL mettono l’accento su una manovra che – secondo il sindacato – dovrebbe aumentare i salari e redistribuire i profitti, fermando l’incremento della spesa militare; dall’altro, le APCSM del comparto Difesa e Sicurezza richiamano la necessità di investire anche nelle persone, non solo nei programmi e nei sistemi d’arma. In questa prospettiva, il personale in uniforme è a tutti gli effetti lavoratore e chiede salari dignitosi e soprattutto, tutela del potere d’acquisto.

La posizione della CGIL, pronti a scendere in piazza

La CGIL ha annunciato una manifestazione nazionale a Roma per il 25 ottobre, in cui chiede di “aumentare i salari e redistribuire i profitti” e fermare il riarmo con maggiori risorse destinate a welfare, scuola e sanità. Le posizioni sono articolate in un’analisi pubblicata da Collettiva, “Il riarmo uccide scuola, sanità e pensioni“, che sostiene come l’aumento della spesa in armi rischi di comprimere le politiche sociali e gli investimenti civili.

In parallelo, nel dibattito pubblico è emersa anche la riflessione sugli investimenti “sostenibili” e sul ruolo della finanza a sostegno dell’industria della difesa. Su questo punto Collettiva riporta la posizione critica di Banca Etica: Investire in armi non è sostenibile.

Il nodo del “5% del PIL in dieci anni”

Pesa l’impegno assunto al Vertice NATO dell’Aia (giugno 2025) di incrementare la spesa fino al 5% del PIL entro il 2035 — con almeno il 3,5% destinato al core defence e la parte restante a spese di difesa e sicurezza correlate. Secondo Collettiva e altri editoriali, tale traiettoria potrebbe generare effetti di spiazzamento su altre missioni di spesa pubblica. La valutazione resta oggetto di forte dibattito: per alcuni osservatori la funzione difesa richiede maggiore prevedibilità finanziaria dato lo scenario internazionale; per altri, il vincolo di risorse pubbliche impone priorità più nette su welfare, istruzione e sanità.

Il Punto chiave: la discussione non riguarda solo quanto spendere, ma come allocare le risorse tra mezzi, infrastrutture e capitale umano.

Le prospettive del personale della Difesa

Per il mondo militare e delle polizie a ordinamento militare, la questione salariale è parte integrante del tema “difesa”. Il personale è capitale umano specializzato, con compiti e responsabilità propri della specificità del comparto. In questa chiave, diverse APCSM hanno chiesto al Governo un confronto sulla Legge di Bilancio e maggiori risorse dedicate al rinnovo contrattuale 2025–2027, alla tutela del potere d’acquisto e alla valorizzazione delle carriere.

  • Comunicato congiunto delle APCSM: Il contratto si scrive con le risorse (leggi il comunicato).

  • Posizione del SIULM: focus su priorità al personale all’interno dei 31 miliardi per la Difesa (approfondisci qui).

  • APCSM della Guardia di Finanza: manifestazione davanti al MEF per chiedere risorse su contratto e salari, in linea con le rivendicazioni salariali portate avanti da tempo oltre che maggiori agibilità (approfondimento).

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Il messaggio ricorrente è chiaro: investire nella difesa significa anche investire nelle persone con salari dignitosi, formazione e addestramento, qualificazioni e impiego in ruoli altamente specializzati. Ciò richiede politiche retributive coerenti e percorsi di carriera capaci di trattenere competenze e motivazioni.

Salari: un obiettivo condiviso, con approcci diversi

Pur con accenti e priorità differenti, il “grido” per salari più alti accomuna le piattaforme della CGIL e delle APCSM: nel primo caso, con richieste di redistribuzione e detassazione degli aumenti contrattuali; nel secondo, con l’enfasi su specificità del servizio, indennità connesse ai rischi e recupero dell’erosione dovuta all’inflazione 2022/2023.

Ne deriva un terreno potenzialmente complementare: la difesa della capacità di spesa dei lavoratori pubblici e privati – inclusi i cittadini in divisa – e l’esigenza di contrattazioni che tengano insieme sostenibilità dei conti e riconoscimento delle professionalità.

Legge di Bilancio: cosa c’è in gioco

Nel merito della prossima Legge di Bilancio, i nodi principali, per come emergono dalle diverse posizioni, sono:

  • Rinnovo contrattuale 2025–2027: risorse, tempi e perequazioni.
  • Indennità e specificità: valorizzazione delle funzioni e dei rischi connessi al servizio.
  • Formazione e prontezza: finanziamenti stabili per addestramento, qualificazioni e interoperabilità.
  • Equipaggiamenti vs. capitale umano: equilibrio tra programmi pluriennali e politiche del personale.
  • Impatto inflattivo: recupero del gap 2022/2023 e difesa del potere d’acquisto.
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Equilibri, vincoli e risultati attesi

Questa ricostruzione non assume posizioni precostituite su “più o meno difesa”, ma evidenzia che qualunque politica pubblica debba misurarsi con vincoli di bilancio, priorità strategiche e risultati attesi. Per la difesa, il risultato atteso non è solo la disponibilità di piattaforme e sistemi, ma la capacità operativa generata da donne e uomini formati, equipaggiati e retribuiti in coerenza con lo stato giuridico, il grado e le funzioni istituzionali proprie del ruolo nell’ambito del rispettivo Corpo/Forza Armata. Per il lavoro, il risultato atteso è salario reale adeguato, tutele e servizi pubblici all’altezza.

In Sintesi

  • Manifestazione nazionale CGIL a Roma il 25 ottobre 2025 su salari, welfare e stop al riarmo.

  • Le APCSM del comparto Difesa e Sicurezza chiedono risorse reali per contratto e personale.

  • Il punto di contatto è la dignità del lavoro, anche in uniforme: investire nelle persone è condizione per dare concretezza a qualunque scelta di politica della difesa.

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