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Caso Vannacci: il Segretario Generale LRM interviene con una intervista

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Riceviamo e proponiamo il seguente articolo la cui completezza può essere letta seguendo il link indicato a fine pagina.

Caso Vannacci, ecco l’ intervista al Segretario Generale LRM Marco Votano

a cura di Carla Caputo

ITALIA. È il ‘caso Vannacci’ il protagonista delle ultime cronache. Il generale Roberto Vannacci, a seguito della pubblicazione del suo libro “Il mondo al contrario”, è stato oggetto di un provvedimento disciplinare da parte dall’Ufficio Disciplina dello Stato Maggiore. La sanzione, che prevede una sospensione per undici mesi dall’impiego «con conseguente uguale detrazione di anzianità e dimezzamento dello stipendio» è scattata a seguito del processo avviato il 30 ottobre 2023 su invito del Ministro della Difesa, Guido Crosetto. La causa del provvedimento sarebbe proprio da ricercarsi fra le pagine del suo libro esordiale, in quanto queste ci sarebbero affermazioni omofobe, razziste e diffamatorie. Sulla questione ha preso parola il Segretario Generale del gruppo “Libera Rappresentanza dei Militari”, Marco Votano. Di seguito l’intervista.

Dr. Votano, in queste ore sta girando sui quotidiani on-line una sua nota sul caso Vannacci e sulla sospensione inflitta dal Ministero della Difesa. Qual è la sua posizione in merito?

Io sto dalla parte dei diritti che, in quanto tali, vanno riconosciuti a tutti, militari compresi. La libertà di espressione, sancita dalla nostra Costituzione, è un valore da difendere sempre e comunque, anche quando non si ci trova d’accordo con ciò che l’interlocutore sostiene. I dibattiti ed i confronti servono proprio a questo.

C’è stato clamore mediatico intorno al libro di Roberto Vannacci, Il mondo al contrario, fatto balzato nuovamente alle cronache per via di un provvedimento che la commissione disciplinare ha inflitto al generale. Lei cosa ne pensa?

La mia opinione personale è quella che un provvedimento di quel genere, con una sanzione di 11 mesi per aver espresso le proprie opinioni, condivisibili o meno, rischia, a mio avviso, di provocare un precedente pericoloso. Molte delle considerazioni che fa Vannacci nel suo elaborato sono lontane dalla mia visione, altre osservazioni le condivido, ma questo lascia il tempo che trova. La questione è assai diversa, qui si assiste all’avvio e chiusura di un provvedimento disciplinare dove si richiama ad un rischio di emulazione che francamente non vedo, anzi lo reputo offensivo.

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Ci spieghi meglio, Lei non ravvede un problema di emulazione?

Forse 50 anni fa si sarebbero potute verificare azioni emulative, ma oggi la vedo difficile. Pensare che un militare professionista, con un grado di scolarizzazione che non è quello di ieri, si possa lasciare convincere da un’opinione solo perché la esprime un generale della propria Forza Armata, mi pare offensivo per l’intelligenza altrui. Ove fossero questi i timori, a mio avviso sarebbero infondati.  Oggi giorno i colleghi si informano, leggono, formano la loro opinione in base alle proprie esperienze, non leggono un libro e divengono “Vannacciani”. Poi naturalmente il Ministero esercita le proprie prerogative.

Quindi Lei crede che il provvedimento inflitto sia stato inopportuno?

Credo personalmente che inopportuni siano stati, in primis, i tempi. Mi risulta che, nel merito del provvedimento ,si sia annunciato ricorso al Tar. Sarà la giustizia amministrativa a valutare il merito del provvedimento. L’inopportunità, a mio avviso, risiede nei tempi. Se da un lato vi sono tempi ben cadenzati per l’assolvimento della ricognizione del fatto imputato, dall’altro si poteva tranquillamente sospendere il giudizio in attesa di una sentenza di un Tribunale passata in giudicato. Gli unici tempi perentori, ovvero i 270 giorni, sono riferiti, per l’appunto, in caso di condanne e, ad oggi, non mi risulta ve ne siano. Sono valutazioni legittimamente espresse dalla commissione di disciplina ed io, altrettanto legittimamente, mi sento di non condividerle.

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Qualcuno ha parlato di procedimento ad orologeria, Lei cosa pensa?

Non lo penso affatto! Qualora fosse stato fatto di proposito, e non lo penso assolutamente, l’effetto sarebbe stato quello contrario, ovvero riportare alla ribalta un caso che ha fatto e fa discutere, ‘esposizione mediatica gratuita’ direbbe qualcuno, che certamente male non farebbe a chi sta riflettendo se candidarsi alle prossime elezioni Europee. Lo escludo nettamente; le nostre forze armate sono estranee alle competizioni politiche e non si può pensare che una commissione disciplinare, come pure il Ministro della difesa che è massimo organo gerarchico e disciplinare, vogliano favorire o ledere nessuno nell’esercizio dei propri diritti. Credo che processare l’opinione sia sempre sbagliato.

Lei si schiera dalla parte dell’espressione del libero pensiero sempre e comunque anche se si indossa una divisa?

Io mi schiero con la tutela del diritto a poterlo manifestare nei modi consentiti dalle leggi. Vede, come ho avuto modo di ribadire nei giorni scorsi, le limitazioni alle quali i militari soggiacciono attengono al riserbo per le questioni coperte da segreto o comunque sensibili. Tutti aspetti che personalmente non ravvedo nell’elaborato del generale Vannacci. Di contro, mi sento particolarmente amareggiato da tutto questo clamore per aver scritto un libro.

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Ci vuole spiegare perché?

Il generale Vannacci è lo stesso militare che, nel 2020, fece un esposto alla procura militare di Roma mettendo nero su bianco che vi erano state gravi omissioni nella tutela della salute e della sicurezza dei militari del contingente italiano in Iraq. Scrisse che furono sottoposti all’esposizione all’uranio impoverito in modo massiccio e senza nessuna informazione sui rischi della prolungata esposizione. Lessi che emerse, sempre dallo scritto dello stesso generale, che l’allora Capo del Contingente Internazionale, oggi capo di stato maggiore della difesa, avesse mentito alla Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio rispetto alla durata dell’esposizione degli stessi militari agli agenti nocivi e, dunque, sugli effetti devastanti che ne potrebbero scaturire. Fatti gravissimi, non certo opinioni personali, eppure, non ricordo tutto questo clamore, tranne qualche sporadico articolo che scomparve dopo qualche giorno. Non ricordo commissioni di disciplina che lo abbiano punito per ciò che allora mise nero su bianco. Non ricordo le decine di talk che oggi, invece, si vedono e non ricordo tutti gli intellettuali che sui salotti televisivi oggi argomentano del caso Vannacci. Ricordo invece i 380 morti di cancro tra i militari italiani e ricordo i quasi 8000 ammalati. Questo è ciò che oggi, più che ogni altra cosa, mi amareggia.

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